Porto-Flavia
Racconti di Viaggio

Porto Flavia: storia di un cambiamento a picco sul mare

Se siete qui, probabilmente avete letto o state leggendo il mio articolo sulla Sardegna.

Con Matteo, durante la nostra breve permanenza in Sardegna, abbiamo visitato Porto Flavia e in questo articolo approfondirò la sua storia.

Innanzitutto, se non vi piacciono le gite scolastiche, ma amate i paesaggi mozzafiato e il mare, un piccolo sforzo fisico ed economico lo farei, per visitarla. Il costo è di €10.00 a persona (costo per adulti) e la visita dura poco meno di un’ora.
Buona lettura!

porto flaviaPorto Flavia: porto e non miniera
La nostra guida, ancora prima di darci il benvenuto, ha voluto giustamente specificare che Porto Flavia non è una miniera.
“E cos’è allora?”, vi chiederete voi.
Porto Flavia è (era) un porto d’imbarco che venne reso operativo nel 1925. Si trova nel comune di Iglesias e, più precisamente, nella frazione di Masua. Come forse saprete, la Sardegna era un’importante sorgente (non so se sia il termine più adatto) mineraria, è infatti ricca di miniere, la maggior parte ormai in disuso. E soprattutto il territorio del Sulcis Iglesiente ne è davvero ricco. Non solo di miniere estrattive, ma anche di strutture connesse all’estrazione, come ad esempio le laverie (nei dintorni di Porto Flavia, nella frazione di Nebida, è famosa la Laveria Lamarmora, che purtroppo non ho potuto visitare). Porto Flavia era quindi un porto d’imbarco dei minerali raccolti nelle miniere vicine. Il nome venne scelto dall’ingegnere che lo progettò, Cesare Vecelli, in onore di sua figlia Flavia.

La galleria, lunga circa 600mt e scavata interamente con esplosivo, nacque dal momento in cui fu necessario abbattere i costi (e i tempi) di trasporto e imbarco dei minerali, precedentemente caricati a mano su piccole imbarcazioni. Infatti, grazie ai nastri trasportatori presenti nella parte inferiore della struttura (attualmente non visitabile e chiusa al pubblico), il materiale veniva caricato direttamente sulle navi.

Oltre a questa galleria inferiore, a una ventina di metri, ne è presente anche un’altra (quella visitabile), superiore, che prevedeva che i minerali portati all’interno dai vagoni (visibili all’esterno della galleria) venissero prima riversati nei 9 silos (capaci di contenere fino a 10.000 tonnellate di materiale) scavati nella roccia con una pendenza di 45°, mettendo così in comunicazione la galleria superiore con quella inferiore che li trasportava. I silos sono tutt’ora visibili. Se vi dovesse capitare di andarci, provate solo ad immaginare di scendere giù per questi pozzi. E immaginate gli uomini che vi lavoravano, appesi a quelle ridicole scalette o imbragati, calandosi verso il basso (spesso era necessario calarsi giù per sbloccare il flusso dei minerali verso il nastro trasportatore della galleria sotterranea).
In fondo ai silos era presente una manovella, che permetteva l’apertura della tramoggia (del silos) per la discesa dei minerali precedentemente caricati. L’unica morte registrata dentro a Porto Flavia, è quella di un minatore che è rimasto sepolto sotto il carico dei minerali, dopo aver aperto il silos per la loro discesa.
Sotto ai silos, nel momento in cui veniva aperta la tramoggia, erano presenti i carrelli di un trenino, elettrico, che grazie alle rotaie, si allungava verso il mare, per consentire di portare il carico dei minerali alle navi in attesa.

porto flaviaI minatori
Con la creazione di Porto Flavia, il lavoro dei minatori (sicuramente uno dei lavori più duri e pieni di rischi) si alleggeriva. O meglio…diventava meno pesante. Pensate che già dall’età di 8 anni i bambini cominciavano a lavorare in miniera.
Nella storia di Porto Flavia, come accennato sopra, c’è stato un solo morto, per un errore umano oltretutto. Quindi un tasso di mortalità bassissimo se confrontato con altre miniere. Ma senza considerare le malattie che un minatore, quasi sicuramente, si sarebbe trovato ad affrontare negli anni. In primis la silicosi, una malattia professionale data dalle polveri del silicio (ma non solo), che portava all’indurimento dei polmoni e conseguente difficoltà respiratoria. Ancora oggi, chi si occupa di determinate lavorazioni, è a rischio.
Ovviamente, queste vite, non erano certo pagate in modo sufficiente rispetto alla quantità (e alla qualità) del lavoro che svolgevano. A volte fino anche a 18 ore a lavorare in miniera, senza mai vedere la luce del sole, senza giorni di riposo.

Al di là di questo breve racconto di storia che ho potuto farvi, posso dirvi che uscendo dalla galleria di porto Flavia, avrete davanti agli occhi una vista mozzafiato, sul mare e sul faraglione di Pan di Zucchero, un enorme scultura naturale, modellata dai venti e dalle onde, che rappresenta un elemento importante anche dal punto di vista naturalistico ed ecologico. Senza contare il fatto che è uno dei faraglioni più grandi d’Europa.

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