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Racconti di Viaggio

Irlanda del Nord: vista oceano e l’incubo di Belfast

Come tutte le cose belle, anche questo racconto ha una fine.

Siamo arrivati al terzo e ultimo articolo sull’Irlanda del Nord della mia amica Valentina. Godetevi questo ultimo racconto di un viaggio che ha segnato dentro. 

Prima di continuare questo meraviglioso racconto, vi consiglio di ripercorrere insieme la prima parte del viaggio a Dublino e nelle Contee di Armagh, Tyrone e Derry 

10.05.18
Purtroppo venne l’ora di lasciare Derry, lasciandoci anche un po’ di cuore. Seppur lontana dalle mie necessità, mi sentii molto a mio agio in questa piccola città.
Tuttavia, stavo andando verso la giornata che più avevo aspettato, bramato e pianificato negli anni passati e nei giorni precedenti.

Sempre nella contea di Londonderry, la prima meta del giorno: Mussenden Temple. Solo da poco questo posto si era preso il suo spazio nel mio itinerario e quando mi trovai sulla scogliera, ne fui assolutamente felice. Ma non corriamo troppo, prima mi soffermai nella spiaggia sottostante, ammirando il meraviglioso paesaggio irlandese. L’oceano era la parte che più aspettavo e ora, sotto una leggera pioggerellina, lo stavo guardando e sentendo con ogni parte di me stessa. E con la mia fedele Nikita.

Dopo aver passato diverso tempo sulla spiaggia, girandola in lungo e in largo, tornai alla macchina per salire al tempio. Scoprii che si trattava di un complesso di strutture, visitabili per 5 pounds e qualcosa. Devo essere sincera, non sentii interesse per ogni struttura, mentre corsi verso Mussenden Temple. Mi ritrovai a bocca aperta, senza fiato. Avete presente quando guardate qualcosa di talmente bello, da non riuscire a tenerlo tutto nel cuore e men che meno negli occhi? La vista, su quel piccolo tempio che da sull’oceano, era così. Qualcosa di inarrivabile. In questo istante, mentre ve lo racconto, rivivo un po’ quel momento e l’emozione è ancora molto forte.

Dopo un breve giro negli altri siti, è ora di ripartire. Il tempo stringe.
Seconda meta: Dunluce Castle, nella contea di Antrim. Dopo qualche difficoltà per arrivarci, parcheggiai, pagai e mi addentrai nelle rovine del castello, anch’esso a ridosso dell’oceano. Interessante e affascinante, ma il più, fu il panorama (e le vertigini).
Lasciai Dunluce Castle alla volta del tanto atteso Giant’s Causeway, il percorso dei giganti. Qui, devo dispensare un consiglio: il navigatore vi porterà nel parcheggio delle Giant’s Causeway, dove paghereste 11.50 pounds per un mucchio di cose che a me non interessavano. Svoltando leggermente a sinistra, arriverete al parcheggio di una vecchia stazione, dove parcheggiare vi costerà molto meno, 6 pounds. Potrete poi risalire e immergervi nei giganteschi blocchi di tufo caratteristici.
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Dopo aver parcheggiato, salii verso il parcheggio principale e mi inoltrai in un tunnel, che mi fece emergere nel fiabesco paesaggio delle Giant’s Causeway. Gli enormi blocchi di tufo erano popolati di tanti piccoli elfi che salt…no… Aguzzai la vista: i blocchi erano colonizzati da banalissimi esseri umani, alquanto fastidiosi. Scesi la strada che mi portò proprio a ridosso dei blocchi di tufo.

Cominciai a saltare da un blocco all’altro, fino ad arrivare sull’oceano. Immaginai il paesaggio al tramonto, senza tutto quel trambusto e pensai che non potesse essere altro che indescrivibile. Dopo diverso tempo, mi rialzai e andai a scegliere quale percorso intraprendere. Trovai infatti la scelta tra il sentiero rosso e quello blu. Optai per il rosso, sicuramente molto ripido e non adatto a chi dovesse soffrire di vertigini. Una lunga scala (la via per andare a Mordor è sicuramente meno faticosa) mi portò in cima al mondo (e in prossimità del parcheggio).
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L’ultima tappa del giorno: Carrick-a-Rede rope bridge. Anche qui, se soffrite di vertigini, lasciate perdere. Un piccolo ponte, collega la scogliera ad un isolotto, percorso che facevano i pescatori molti anni prima. Per arrivare al ponte, dal parcheggio, percorsi un sentiero, con vista sull’oceano e scesi sul ponte percorrendo un’altra scalinata molto ripida. Per tornare indietro, al parcheggio, scelsi una stradina di 1km e mezzo .

La mia lunga giornata stava volgendo al termine. Di sicuro non ne restai delusa (stanca certamente sì).
Presi la macchina e impostai il navigatore verso Ballycastle che mi avrebbe accolta per la notte, nella Guest House An Caislean. Qui, ricevetti complimenti dal gestore per il mio inglese, il quale ringraziai con un “really?!” molto stupito. Dopo una piacevole doccia, alle 20.30 uscii per andare a cercare l’unico ristorante che sembrava chiudere alle 23.00, mentre alle 21.00 mi chiuse la porta in faccia. Mi salvò il supermercato, con dei deliziosi (leggete alla voce “sarcastica”) tramezzini e altre schifezze. Una breve passeggiata per Ballycastle mi bastò per apprezzarla. Piccola e sul mare. Mi piacque molto la palestra sulla spiaggia, assolutamente libera.

11.05.18
Come preannunciato dal gestore di An Caislean, la giornata si rivelò fredda e piovosa. La mia prima meta fu Fair Head, il picco di una scogliera. Nonostante il tempo, provai a raggiungerlo, ma dopo un po’ di cammino preferii tornare indietro. Decidere di andare su una scogliera con il vento in grado di spostarti, non è la migliore delle idee.

Tornai alla macchina zuppa e dopo aver dato fondo agli ultimi viveri ed essermi scaldata partii verso Torr Head, pur sapendo che anche qui avrei concluso poco e niente. Mi soffermai in uno spiazzo godendo semplicemente della vista della scogliera che avevo di fronte, comunque molto suggestiva. Mi lanciai nella coraggiosa impresa di aprire leggermente il finestrino per poter fare una foto, senza ottenere molto e ritrovando la macchina piuttosto umidiccia.
E nuovamente, la strada panoramica che presi per andare a Cushendun non potei goderla come avrei voluto.

Ormai, visto il tempo, l’unica cosa che mi conveniva fare era andare a scaldarmi nel nuovo b&b che avevo scelto, Garron View, così chiamato proprio per il fatto che la visuale è su Garron Mountain.
Al mio arrivo mi accolse un signore, il quale mi fece vedere la mia stanza, deliziosa, molto ben arredata e calorosa.
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Durante il mio riposo, il cielo si rasserenò. Decisi quindi di tornare a Torr Head, per godere dei meravigliosi paesaggi irlandesi. Mentre uscivo dal b&b, incontrai il cane di casa, un dolcissimo e vivacissimo meticcio che mi ricordò Tyler.
Misi in moto e partii, riattraversando paesaggi mozzafiato che mi lasciarono incantata, tra valli verdissime e mare.
Tornai in stanza qualche ora dopo, con una morente luce in cielo. Mangiai la mia insalata e mi avvolsi nel piumone, scomparendo tra i cuscini del letto.

12.05.18
Svegliarsi al suono della sveglia è sempre più un’ardua impresa, anche sapendo che una squisita e abbondante colazione mi sta aspettando. Quando arrivai mi fecero aspettare cinque minuti in un salottino in attesa di pulire il mio tavolo. Mi fecero accomodare e dopo avermi servita, Carry, si fermò a chiacchierare. Anche lei ammirò il mio coraggio nell’essere partita da sola, per così tanti giorni, così lontana da casa.

Quando finii il mio lauto pasto, andai in cucina per pagare, conoscendo così la mamma di Carry. Mi raccontò di aver perso una figlia e per questo mi chiese di stare molto attenta durante il mio viaggio. Le sue premure furono assolutamente gradite e mi intenerirono. Mi salutarono abbracciandomi. Uscendo dalla porta della cucina ebbi la possibilità di salutare il papà di Carry (il signore che mi aveva accolta al mio arrivo) e il loro bellissimo cane.

Impostai il navigatore verso The Gobbins, per il quale scoprii la sera prima che era necessaria la prenotazione. Per fortuna trovai ancora qualche posto disponibile. Se doveste decidere di andarci, sappiate che sul sito fanno mille raccomandazioni, che bisogna essere in buone condizioni fisiche, di quali fobie non si deve soffrire e che il percorso sarà duro e difficile. A parere mio, se avessi fatto una passeggiata nei boschi con Tyler, avrei trovato maggiori difficoltà. Personalmente, se soffrite fortemente di vertigini (io ne soffro, ma non ho avuto alcun problema) e di claustrofobia, dovrete certamente prestare attenzione.

Arrivati alla struttura introduttiva di The Gobbins, vi faranno un breve corso sulla sicurezza, verrete poi accompagnati al sito da un pullman. L’escursione dura circa 3 ore e di sicuro troverete un paesaggio molto suggestivo. Se sarete fortunati, avrete la possibilità di vedere le pingui nelle o puffins.

Tornammo al centro di The Gobbins che erano le 15 e il mio stomaco reclamava cibo. Dopo una sosta in bagno presi un tramezzino insapore, un espresso molto lungo e un dolcetto decente, per poi dirigermi al nuovo b&b, Seaview House. La stanza sarebbe stata carina nell’800, ma fu sufficiente il fatto che fosse pulita e mi offrisse una doccia calda.

13.05.18
Come al solito colazione abbondante e verso le 10 mi rimisi in cammino.
Il fatto che l’indirizzo del nuovo b&b di Belfast fosse sbagliato, avrebbe dovuto farmi capire che sarei dovuta scappare da lì, invece non demorsi e contattato il gestore, lasciai la macchina nella strada davanti all’alloggio. Mi diressi a piedi verso il Titanic Museum. Prima di entrare mi soffermai un po’ sulla passeggiata dove assistetti ai tuffi di piccoli uccelli per pescare.

Il Titanic Museum fu interessante, molto interattivo, ma per 18.90 pounds mi sarei come minimo aspettata di provare la sensazione di affondare assieme al transatlantico.
Dopo una breve spesa tornai al b&b, per scoprire che aveva ben poco di b&b. In primis il gestore non si presentò affatto. Mi inviò per messaggio il codice per entrare nell’appartamento, scrivendomi che la mia camera era la prima a destra. Entrai nella stanza ed ebbi la sensazione che fosse tutto tranne che pulita. Trovai lenzuola sporche e, al contrario di quello che annunciava la descrizione, non c’era affatto il bagno in camera. In giro per la casa trovai dei cartelli, dove si richiedeva che fosse il cliente a pulire.
Sentivo addosso una sensazione strana e negativa.

Vi risparmio l’inquietante chiamata che ricevetti dal proprietario fantasma.
Durante la serata incontrai una ragazza, anche lei piuttosto stranita dalla situazione, con la quale scambiai qualche parola in italiano e una signora che chiamò il proprietario arrabbiata, dicendogli che deve presentarsi, che quella struttura non è un b&b e altre, assolutamente corrette, lamentele. Io chiamai Booking, per esprimere tutto il mio disappunto.
Qualche ora dopo, ormai a notte fonda, un po’ inquietata, decisi che era ora di provare a dormire. Per fortuna la notte passò tranquilla. Per i rupofobici: state sereni, nella valigia, una mamma premurosa, mi aveva munita di lenzuola da campeggio, nelle quali mi avvolsi stando ben attenta a non sfiorare nulla che non fossero quelle.

14.05.18
IL DISASTRO CONTINUA:
Quando mi svegliai, avevo già messo in conto che nessuna colazione sarebbe stata servita. Difatti mi alzai e andai in cucina, dove trovai dei viveri dei quali, secondo il “gestore”, mi sarei dovuta nutrire. Inutile dire che non toccai nulla. Optai per andare a fare una doccia, prepararmi e continuare il mio viaggio in Belfast.

L’acqua scorse per circa un quarto d’ora, ma di calda non ne venne una goccia. Nemmeno tiepida, se per caso ve lo steste chiedendo. Sorrisi sarcasticamente chiudendo il rubinetto, scesi nella mia stanza, misi in valigia le cose che avevo tirato fuori, caricai la valigia in macchina e partii, non sapevo per dove, ma non ero intenzionata a restare un secondo di più in quella casa. Prima scattai qualche foto per poterle caricare su Booking e salvare eventuali altri viaggiatori, oltre a chiamare nuovamente Booking stesso per poter rinnovare le lamentele della sera prima, cercando anche di avere un rimborso sia dalla struttura che da Booking. Purtroppo ottenni solo il secondo. Rassegnata cominciai a cercare un altro alloggio per la sera stessa.

Ne trovai uno, dall’apparente prezzo di £30, che alla conferma diventano £70. Nonostante il mio disappunto, ritenni che fosse meglio che restare senza un tetto sulla testa. Nell’attesa che mi venissero mandati i codici di accesso alla stanza (qui era ben specificato che l’alloggio non era gestito al solito modo, né venne spacciato per un b&b), guidai fino al castello di Belfast. Dopo un breve giro, una mail mi tuffò in un nuovo problema: la nuova struttura mi comunicava che la mia carta di credito era stata rifiutata. Dopo un breve controllo al mio conto, giudicai tutto nella norma. Non riuscivo quindi a capire dove fosse il problema.

Nel frattempo, in due comunicazioni distinte, venni a sapere che per quell’alloggio era presente una cauzione di £150, che successivamente divennero £500. Forse, lì per lì, non compresi le due mail, ma di certo persi il controllo della situazione. Nei momenti di panico, anche vicina a casa, la mia salvezza era una sola: mamma. Figuriamoci a molti km di distanza da casa, in un paese straniero. La chiamai e le chiesi se avesse la possibilità di verificare in banca cosa stesse succedendo. Dopo diverso tempo chiusa in macchina, senza concludere nulla in quella città, senza aver ancora messo sotto i denti qualcosa, scelsi almeno di aspettare qualche notizia davanti ad un piatto di cibo.

Nel frattempo potete immaginarmi mentre scrivo mail e tento di mettermi in contatto con la struttura (senza alcun riscontro), con forte agitazione.
Mentre sgranocchiavo una saporita insalata plastificata, mi richiamò mia mamma, dicendomi che il problema era il platfond della carta (ah, l’inesperienza! La prossima volta partirò con più consapevolezza) e che era subito stato richiesto un ampliamento della disponibilità. La banca mi consigliò di prelevare con il bancomat, ma ovviamente, la cosa non fu così banale, infatti di due bancomat che trovai, nessuno dei due era funzionante.

Furiosa ed esasperata, provai ancora a contattare la struttura, ma di nuovo non ebbi alcuna risposta.
Decisi che dovevo andarmene da Belfast. Su consiglio di mia madre mi misi in contatto con il b&b nel quale avrei dormito la notte successiva per chiedere se la stanza era disponibile anche per questa notte, scoprendo però che il proprietario era sordo. Mi chiese quindi di mandargli un messaggio (avevo già provveduto a mandargli una mail) e così feci. Ricevetti anche un messaggio da parte del buco nel quale ero stata la notte precedente, nel quale si scusava e mi proponeva un’altra stanza. Ovviamente non accettai. Volevo andarmene.

Mandai anche una mail alla struttura nella quale sarei potuta stare nella notte, dicendo che lasciavo libero l’alloggio.
Mentre imboccavo l’autostrada per fuggire, riflettei sul fatto che a Belfast nacque il Titanic. E sappiamo tutti che fine fece.
Appena fui fuori Belfast trovai un posto dove prendere un caffè, una toilette e un bancomat. Funzionante. Oltre alla chiamata di mia mamma che mi comunicava che il mio platfond era stato alzato. Le cose si stavano ricomponendo.

Non avevo ancora ricevuto risposta da The Oystercatcher, il b&b al quale avevo chiesto se potevo anticipare il mio arrivo, ma mi diressi comunque lì, con calma, godendomi nuovi paesaggi.
Arrivai a Rostrevor, nella contea di Down, dopo circa un’ora, pur avendo guidato lentamente, con diverse soste. Mentre parcheggiavo davanti a The Oystercatcher, lessì la mail di James, il proprietario, che mi garantiva una stanza in più. Per la sera seguente. Purtroppo ci eravamo fraintesi, ma quando bussai alla porta e spiegai la situazione, mi accolse comunque a braccia aperte. Il posto era accogliente, feci una doccia calda e, stremata dagli eventi, mi addormentai in breve tempo.

15.05.18
Primo consiglio se doveste alloggiare a Rostrevor: andate a fare colazione al Rostrevor Inn. Per due giorni di seguito feci colazione lì e ne rimasi estasiata. Penso alloggerei nuovamente lì solo per poter fare colazione in questa locanda. Molto suggestiva, classico pub irlandese di paese, tutto in legno, con alcune rifiniture in pietra e un clima molto rilassato. Ma torniamo al racconto:

Quando mi svegliai impostai il navigatore per Rostrevor Inn, a soli 3 minuti da The Oystercatcher. Venni accolta da una ragazza che mi fece accomodare e scegliere la colazione. Scelsi un’American Breakfast (2 uova, striscioline di bacon croccante e deliziosi pancake alla vaniglia immersi nello sciroppo d’acero) e un caffè americano. Sbranai tutto sia per la fame che per la bontà. Non mi posi il problema delle calorie, sentivo il mio corpo chiedere pietà, ma al mio rientro avrei ripreso il mio solito stile di vita sano.
irlandaMi alzai soddisfatta, pagai il conto e mi diressi verso le Mourne Mountains. Penso che molti di voi conoscano le Cronache di Narnia. Lewis, il suo autore, si ispirò proprio a queste montagne per scrivere uno dei capitoli della saga.

Purtroppo mi portai da sola ai piedi delle Mourne Mountains, perché Maps non collaborò. Di sicuro la presenza di una fitta nebbia collaborò a renderle molto inquietanti, ma non mi lasciai scoraggiare e cominciai l’esplorazione. La vegetazione è quasi unicamente erbacea, il terreno è formato da rocce granitiche e il suolo è molto scuro, umido e formato da piccoli buchetti (non sempre così piccoli), come se si formassero delle bollicine e poi scoppiassero. Durante il cammino mi accorsi che erano spesso presenti smottamenti, alcuni tali da formare piccole grotte rassomiglianti a tane di animali.irlanda

In cima al versante trovai un muro di pietra, il Mourne Wall, caratteristica tipica di queste montagne. Una scala mi facilitò lo svalico. È incredibile come in Irlanda, qualunque siano le condizioni climatiche e in qualunque luogo ci si trovi, si incontrino persone. Appena scavalcato il muro infatti incontrai due escursioniste che mi consigliarono quale percorso fare. Inoltre, per l’ennesima volta, ricevetti lo stupore delle due nello scoprire che fossi sola.

Mi incamminai nella direzione che mi avevano consigliato e dopo qualche passo mi ritrovai un panorama spettacolare, ma soprattutto mi resi conto che il nome “Silent Valley” era più che appropriato. Mi fermai e a parte un costante gocciolio, non sentii altro rumore.
Un forte peggioramento delle condizioni climatiche mi spinsero, una mezz’ora dopo, a tornare indietro. La nebbia sempre più bassa e fitta rendeva quasi nulla la visuale e ritrovarmi spersa su montagne che non conoscevo, non mi sembrava l’idea migliore.

Alla macchina incontrai nuovamente le due signore, le salutai e mi infilai al caldo (ma soprattutto asciutto) della mia Pulsar.
Quando raggiunsi The Oystercatcher, la mia preoccupazione fu di pagare James per la notte in più e dopo una doccia ristoratrice (e fatta la conoscenza di Coco, il gatto di James), verso le 19.00, andai nuovamente a Rostrevor Inn per la cena. Ordinai un hamburger e una cheesecake che merita ancora adesso tutto il mio apprezzamento.
Pagai e tornai al b&b. Era la mia ultima notte in Irlanda, misi quindi in ordine la valigia, in modo tale da essere pronta per la partenza il giorno successivo.

16.05.18
Ed eccomi all’ultimo giorno, al mio ritorno in Italia. Vi dirò: sentivo proprio la necessità di tornare a casa e dalle persone (e i pelosi) che ne fanno parte.

Scesi nell’atrio e salutai James con un po’ di dispiacere. Mi accompagnò alla porta, mi strinse la mano e mi disse “Coco says bye”. Sorrisi, mi voltai e andai alla macchina, sulla quale avevo già caricato i bagagli. Riuscii a far stare i regali nella valigia, aggiustai i documenti per averli a portata di mano e partii verso la colazione. Mi ero concessa mezz’oretta in più proprio per fare il pieno allo stomaco da Rostrevor Inn.

Verso le 9.00, con la pancia piena, ripartii alla volta di Dublino. Durante il percorso trovai qualche rallentamento, soprattutto dopo il superamento della frontiera. Nelle vicinanze del noleggio, cominciai a cercare un distributore per riportare la macchina con il pieno. Un po’ offesa, la mia carta di credito decise che non avrebbe pagato il distributore. Per fortuna avevo ancora €50.00 e pagai con quelli.
Al noleggio lasciai la macchina, che venne recuperata al volo. Attraversai per provare a prelevare, con scarso successo. Alla frontiera non avevo avuto problemi per il pagamento con la carta.

Rassegnata, ma forse più serena sul fatto che ero sempre più vicina al ritorno a casa, raggiunsi la fermata del bus per andare in aeroporto. Almeno fino a lì non avrei dovuto aver problemi ad arrivarci.
Quando arrivai in aeroporto riflettei sul fatto che avrei potuto cambiare i pounds che avevo ritirato a Rostrevor, nel caso in cui nemmeno lì fossi riuscita a prelevare. Per fortuna non ebbi problemi e riuscii a ritirare una piccola somma preventiva.

Come tutti i viaggiatori sanno, si parte con una valigia e si torna con una valigia raddoppiata in dimensioni più altri sacchetti, appesi fin alle orecchie. Infatti la pesa del bagaglio era una delle mie preoccupazioni finali. Invece, con mio grande stupore, trovai un peso nella norma: 18.6kg. Non avrei quindi dovuto pagare la sovrattassa.
Decisi di aspettare ad un tavolino l’apertura dello sportello per caricare il bagaglio. Appena venne aperto, mi ci diressi e mi liberai di quel peso. Salutai la valigia con un fazzoletto bianco, bisbigliando un arrivederci speranzoso.

Era ora di mangiare nuovamente (sì, mangio sempre, il pensiero per il cibo è costante, molti di voi mi capiranno). Ordinai un fish&chips che non mi soddisfò del tutto.
Dopo un’oretta di lettura sui divanetti dell’aeroporto, verso le 16.45, cominciai ad incamminarmi verso i controlli e successivamente verso il gate. Prima di imbarcarmi, sentii la necessità di un caffè, nell’attesa che chiamassero il mio volo.

Finalmente ultimi controlli, imbarco e decollo. Il volo fu tranquillo, a parte un momento di turbolenza che portò la signora sarda al mio fianco a farsi il segno della croce.
Sentivo la necessità di tornare a casa e riabbracciare mamma e papà. Passate le porte di uscita, una paratia non mi consentiva di vedere dove fossero, ma appena superata, sentii “Pippi!” (è il nomignolo che da sempre mi danno mamma e papà, forse perché sono sempre stata scalmanata come Pippi Calzelunghe). Mamma con le lacrime agli occhi e papà con un gran sorriso (se lo conosceste, sapreste che non è particolarmente soggetto ai sorrisi). Ero finalmente a casa.

Tornavo a casa con qualche conoscenza in più e meno paura del mondo.
Con la consapevolezza che partire in solitaria non è così banale, ma lo rifarei, adesso, altre infinite volte.
Tornavo sapendo che il mondo è meraviglioso, che ci sono posti spettacolari, nei quali “qua ci vivrei volentieri”, ma alla fine ci si rende conto che “casa” è il posto dove ci sono le persone che amiamo e i loro abbracci.
Non sottovalutate i viaggi che fate, seppur piccoli o dietro casa: sono comunque un grande dono.

Eccoti giunt* alla fine di un favoloso viaggio. Mi auguro che questo racconto ti abbia emozionato come ha fatto con me. Ringrazio Valentina per aver condiviso con noi questo racconto.

Se anche tu vuoi scrivere di una tua avventura, mandami una mail a [email protected]

Alla prossima. ✈

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